Presentato il libro “Dieci novelle del Decamerone” di Giovanni Boccaccio, traduzione in vernacolo policastrese di Maria Pascuzzi

Presentato il libro “Dieci novelle del Decamerone” di Giovanni Boccaccio, traduzione in vernacolo policastrese di Maria Pascuzzi

“Dieci novelle del Decamerone” di Giovanni Boccaccio, traduzione in vernacolo policastrese di Maria Pascuzzi: questo il titolo del libro, recentemente presentato nella biblioteca petilina. Si è trattato di un’iniziativa promossa dall’associazione Pass e da Il Petilino. E Petilia ha risposto ancora una volta presente all’invito della signora Pascuzzi (professoressa in pensione, autrice di 8 pubblicazioni ed apprezzata pittrice) ritenendo la opera preziosa e riconoscendole il contributo dato in questi anni.
A presentare l’opera, il giornalista Giacinto, direttore de Il Petilino, che ha iniziando citando il poeta siciliano Ignazio Buttitta, che nella sua poesia “Lingua e dialetto” scriveva: “Nu populu mintitilu a catina, spugghiatilu tappatile a vucca, è ancora libaru; cacciatile u travagghiu u passaportu a tavula due mancia u lettu due dorma, è ancora riccu. nu populu, diventa poviru e servu, quannu l’arrobbanu a lingua di patri: è perdutu ppè sempre”.
Ha proseguito, poi, sottolineando che “il dialetto è importante; ma se l’italiano è la lingua della testa, il dialetto è quella del cuore. Lo è perchè ha una forza espressiva e descrittiva, impareggiabile. Capita spesso, infatti, che in italiano non esiste una parola per esprimere un determinato concetto che il dialetto, invece, rende perfettamente. L’inestimabile valore delle opere della signora Pascuzzi sta proprio in questo: preservare e conservare strutture linguistiche, vocaboli e lessico dialettali dall’inevitabile decadenza, che si registra quando i “parlanti” dei dialetti, in questo caso u pulicastrise, “smettono di parlare”, qualunque ne sia la causa”.
Carvelli ha poi evidenziato che “con i suoi libri, la signora Pascuzzi facilita la divulgazione del dialetto, che non sono solo folcloristici e popolari, ma anche, soprattutto con l’ultima opera, letterariamente “alti”. Il dialetto è importante anche per consolidare lo spirito di appartenenza; chi lo parla, infatti, si auto-identifica con il territorio in cui vive rafforzando così, il legame culturale con la tradizione. Un aspetto importante, soprattutto in un periodo come quello attuale, in cui sembra essere venuta meno quella socialità della ruga che teneva unita la comunità”.
Infine, ha sottolineato che l’opera in questione è unica nel suo genere, non solo a Petilia ma anche a livello regionale, perché nessuno finora si è cimentato in un’impresa simile. La scelta di Boccaccio, poi – ha concluso – è illuminante, considerato che noi petilini siamo famosi anche per la goliardia (mi scuserete se ho tradotto il termine in italiano) e l’autore del Decamerone dalle nostre parti, visto ciò che ha scritto, si troverebbe perfettamente a suo agio”.
Gli interventi, moderati da Filomena Ierardi, sono stati intermezzati dalla musica degli Hantura, gruppo etno popolare petilino, che ha voluto rendere omaggio all’autrice.
Tra gli interventi, da segnalare quello di Fina Cavallo, docente, che ha inteso ringraziare la signora Pascuzzi per ciò che ha fatto per Petilia, prima nelle aule di scuola e dopo coi i suoi libri.
Sono intervenuti anche Giuseppe Luchetta, responsabile della biblioteca comunale, l’avvocato Palmina Ruberto e il sindaco di Petilia Policastro, Amedeo Nicolazzi.
E’ toccato, poi all’autrice concludere la serata all’insegna della cultura, con un accorato appello per la valorizzazione del dialetto, una sua diffusione anche nelle scuole ed una maggiore attenzione da parte delle istituzioni sul versante della cultura.

Giuseppe Frandina

Giuseppe