La mafia cutrese e la sua espansione imprenditoriale al centro dell’iniziativa di Unical e Ciliberto
Nuova tappa del percorso di studio “Ripensare l’Antimafia” organizzato, nell’ambito del progetto nazionale Barbiana 2040 (rete di scuole che attualizza la metodologia didattica di don Milani), dal corso universitario di Pedagogia dell’Antimafia, attivo presso il Dipartimento di Culture, Educazione e Società dell’Università della Calabria, e dall’Istituto Ciliberto di Crotone. Lunedì 11 dicembre gli studenti e le studentesse del Ciliberto di Crotone e del Borrelli di Santa Severina si confronteranno sui contenuti del libro, edito da Pellegrini, “La storia di Mano di gomma”, biografia non autorizzata del boss di ’ndrangheta Nicolino Grande Aracri, scritto dal giornalista Antonio Anastasi, con prefazione di Antonio Nicaso. L’iniziativa, che si terrà alle ore 10.00 presso la sala polifunzionale della scuola crotonese, sarà aperta dai saluti istituzionali di Girolamo Arcuri, dirigente scolastico dell’Istituto Ciliberto-Lucifero, e dall’introduzione di Rossella Frandina, docente di Lettere del Ciliberto. A relazionare sul tema, saranno, oltre ad Anastasi, Giancarlo Costabile, docente di Pedagogia dell’Antimafia all’UniCal, Beniamino Fazio, capo del Centro operativo della Dia di Catanzaro e Simone Puccio, sindaco di Botricello e giornalista. A coordinare la tavola rotonda, Cesare Lamanna, docente di Latino e Greco del Borrelli di Santa Severina. «Il lavoro di Anastasi – dichiarano Frandina e Costabile – consente di approfondire il processo storico di mutazione della ’ndrangheta, un sistema criminale integrato capace di espandersi in territori lontani da quelli di origine condizionandone l’assetto economico. Come aveva fatto in Calabria, anche al nord è cresciuta in silenzio, governando le trasformazioni della società, attraverso meccanismi di collusione e clientelismo con imprenditori e politici che hanno agito secondo logiche di convenienza». Costruire una cultura altra rispetto a quella del ‘profitto mafioso’, oggi, non può che passare quindi per la costruzione di una pedagogia del noi, unica alternativa educativa alla società mafiogena dello sfruttamento e della disuguaglianza.