I disobbedienti del Ciliberto scrivono alla Costituzione

I disobbedienti del Ciliberto scrivono alla Costituzione

A scrivere la lettera che segue è un gruppo di studenti del Ciliberto di Crotone che, da anni, si occupa di cittadinanza attiva. Hanno costituito un team dal nome I Disobb3dienti, disobbedienti ad un sistema, quello ‘ndranghetista che ha divorato la regione ma  obbedienti, sempre, alla Costituzione di cui rivendicano l’applicazione. 

“Cara Costituzione,

dicono che tu, figlia nobile della Resistenza, sia la più bella. Sei il frutto di equilibri ancora instabili, in una democrazia fragile incapace di assicurare giustizia e uguaglianza. 

Se fossimo ancora capaci di sincerità dovremmo ammettere che i tuoi figli non sono stati all’altezza del compito che gli avevi assegnato. 

Ci siamo abituati ad abbandonare gli ultimi al loro destino, a relegare ai margini della società chi è in cerca di una casa. Di pace. 

Alle nostre coscienze abbiamo preferito l’utile. Ed è andata sempre peggio. All’uguaglianza si è sostituita la pratica dello scarto, all’ azione la stasi. E abbiamo smesso di pensare.

 L’ art.1 dice che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro. Ma non dice che si debba essere disposti anche a morire per esercitare un diritto. 

Eppure noi fingiamo di non vederli quei morti sul lavoro, pietra di inciampo di una società ingiusta. In Calabria, quest’ anno ne sono morti 34. E non è accettabile.

Avveleniamo, da anni, la nostra terra. E noi crotonesi ne sappiamo qualcosa. Poi, però, compriamo bottiglie di alluminio per lavare quelle coscienze che abbiamo seppellito sotto cumuli di scorie e indifferenza. 

A scriverti, cara Costituzione, sono dei ragazzi. Noi siamo calabresi. Dicono tutti che siamo fortunati a vivere in una terra bellissima. Eppure, a pensarci bene, questa bellezza è un dono di natura. Perché, per il resto, ammettiamolo pure, non è che da queste parti gli uomini siano riusciti a fare molto. Anzi, hanno portato rovina e distruzione. Per noi è difficile anche andare a scuola, curarci. Se ci guardiamo intorno, dobbiamo per forza chiederci: ” Ma dove sei finita?” 

Lavoro, dignità, uguaglianza, giustizia sociale, sono ideali meravigliosi, che da queste parti sono rimasti, però, lettera morta. Lo sono per tutti coloro che ogni mattina si scontrano con una realtà divenuta un muro di gomma. Qui sembra che tutto torni indietro, che sia impossibile trovare una soluzione che permetta di vivere una vita dignitosa. 

Eppure, dignità è una parola bellissima. E lo sapevano i padri costituenti. “È compito della Repubblica rimuovere”, dice l’art.3. “È compito”, si dice. E in questa espressione c’è tutto, cara Costituzione. Perché se è compito, allora è un dovere. E i doveri si compiono. Ma qui non accade. Qui vige solo la pratica della clientela mafiosa.  E i diritti sono diventati favori. Ecco perché, in questa terra bellissima e disgraziata, sei rimasta incompiuta. Forse tu sei una missione. Ma noi siamo troppo giovani per avere certezze. Sappiamo però che la disuguaglianza la corrode la democrazia. E una democrazia corrosa divide i suoi cittadini in servi e padroni. Perché tutti dicono di essere contro la disuguaglianza, ma solo finché non tocca i loro interessi. Forse è arrivato il momento di una redistribuzione di opportunità, forse il momento propizio è giunto, perché i diritti, qui, sono stati tutti calpestati. 

Finché l’uomo sfrutterà l’uomo, diceva Pier Paolo Pasolini, finché l’umanità sarà divisa in padroni e servi, non ci sarà né normalità né pace. La ragione di tutto il male del nostro tempo è qui. 

E noi, abituati a fare come gli struzzi, abbiamo imparato a stare sempre col capo chino. 

 Alla continua ricerca del nostro utile personale, continuiamo a vivere in un sistema feudale. Sono cambiati, nel tempo, solo i nomi dei padroni ma restano sempre loro a dettare le regole del vivere quotidiano. Ai diritti qui si sostituisce la pratica del potere al quale nessuno pensa di sfuggire.

Eppure noi rivendichiamo, in un mondo di liberi servi, la libertà di scegliere. Va tanto di moda, oggi, un termine abusato: resilienza.  Noi preferiamo Resistenza. Perché è da quelle voci libere che sei nata. E noi voci libere vogliamo essere. Per rivendicare il diritto ad avere diritti. Anche in Calabria.

Anche in una terra divenuta un altrove, anche in questa periferia ai confini del mondo dei ragazzi, del cui futuro non importa a nessuno, possono chiedere il conto alla Storia, quella con la S maiuscola scritta dentro i palazzi. Perché quando i luoghi diventano non luoghi, quella marginalità geografica diventa periferia esistenziale. Ecco perché a te ci rivolgiamo. Perché solo quelle parole che tu contieni sono capaci di inventare nuovi mondi e di illuminare vite ipotecate e svendute  da chi avrebbe dovuto difenderci e, invece, ha trasformato il  potere in  dominio. 

“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Quindi dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare la scuola a tutti. Dare a tutti gli uomini dignità di uomo. Soltanto quando questo sarà raggiunto, si potrà veramente dire che la formula contenuta nell’art. 1 “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, questa formula corrisponderà alla realtà”, diceva Calamandrei. 

Perché una democrazia in cui non ci sia questa eguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto una eguaglianza di diritto, è una democrazia puramente formale. E la nostra è una democrazia formale.

 Sei ancora un programma, cara Costituzione, un ideale, una speranza,  un lavoro da compiere. 

E quel lavoro, forse, sarà il nostro. Indignarsi non basta. Serve impegno. Un impegno condiviso”.

Filomena Ierardi

Filomena Ierardi