Protestano a Le Castella contro Salvini e ricevono gli insulti di gruppi a sostegno del Ministro

Protestano a Le Castella contro Salvini e ricevono gli insulti di gruppi a sostegno del Ministro

Con una lettera ricca di particolari il giovane petilino Pasquale Lazzaro racconta la sua protesta a Matteo Salvini il giorno in cui ha fatto visita a Le Castella e gli insulti gratuiti che ha ricevuto da un gruppo a sostegno del Ministro: “Un vecchio amico, oltre che mio ex-docente, una volta mi disse che stare in silenzio quando c’è qualcosa che non va vuol dire peccare. Paradossale dirlo in Italia, Paese fatto di bellezza, cultura e tanta, troppa omertà. Eppure quelle parole risuonano ogni giorno nella mia testa, come un tormentone musicale d’estate, a scandire i ritmi della mia vita: allora ecco che accendo il televisore,
guardo il telegiornale, ed inizio a riflettere. “Se stai in silenzio pecchi”, mi dico insistentemente. Sale così quella irrefrenabile voglia giovanile di farsi sentire, di obbligare le persone ad ascoltare le tue urla di disperazione, perché non hai nessuno al tuo fianco in effetti. Sabato 10 agosto 2019, mi sveglio sapendo che il nostro Ministro dell’Interno, il tanto osannato Matteo Salvini, era in visita nella nostra Calabria per il suo “tour estivo” – sempre e comunque in campagna elettorale – , allora non ce la facevo a stare in silenzio. Avrei peccato, e a me non basta togliere il rosario davanti alle persone, mettere un crocifisso al collo, o invocare la Vergine Maria per essere perdonato dal Signore. Dunque vengo alla conoscenza di un grande gruppo di protesta organizzato in vista della visita a Soverato; troppo lontano da raggiungere, e i miei genitori, amorevoli ed affettuosi, erano troppo preoccupati per potermi mandare ad una protesta contro le politiche scellerate del nostro Ministro. Troppo pericoloso, ma a me non è mai importato del pericolo. Se una cosa si fa per una giusta causa, se si fa per far valere i propri diritti da cittadino, allora credo sia giusto procedere a testa alta. Scopro che il vicepremier nel pomeriggio di sabato 10 agosto sarà, inaspettatamente, in visita a Le Castella. “Mamma, pomeriggio vado al mare!”, questa è stata la mia scusa. Chiamo Gaetano, mio caro amico, e gli dico di preparare uno striscione. L’idea era quella di creare qualcosa di semplice ma efficace: così è stato. Una bandiera italiana con su scritto “RESTIAMO UMANI”, e sotto in minuscolo un “mai con Salvini”. Appunto semplice, ma molto efficace. Arrivati nella bellissima località calabrese notiamo subito l’imponente presenza degli elettori leghisti, di altri esponenti politici locali e provinciali, oltre che dei giornalisti e della stampa in generale. Su un’edicola leggiamo i primi cartelloni carichi di tensione polemica; questi erano indirizzati all’argomento Tav ed all’isolamento infrastrutturale della Calabria rispetto alle altre regioni d’Italia. Rifugiati in quattro vicino quella piccola fortezza fatta di giornali e di cartelli attendiamo il momento propizio per poter farci sentire. Avevamo paura delle conseguenze, di un elettorato che magari si sarebbe scagliato contro di noi. Tolto dallo zaino il tricolore da noi modificato ecco le prime rezioni: le telecamere si precipitano su di noi. L’attenzione prima dell’arrivo del leader leghista è squisitamente ed unicamente nostra. Iniziamo ad interloquire con i giornalisti che ci ponevano delle domande. “Intervistate solo loro eh!”, “sono pagati dalla sinistra!”, diceva qualcuno. Così parte il nostro pacifico e democratico dibattito con i difensori del partito leghista, il tutto ripreso dalle varie telecamere presenti. “Dopo aver votato Berlinguer ora sono fiera di dire che ho votato per Salvini.”, mi dice una signora. Andiamo bene. Cerco di spiegarle la differenza che intercorre tra i due, la differenza tra uno statista ed uno che sta a torso nudo a ballare al Papeete. Niente, gli elettori sono ciechi, amano il loro capitano. “Solite facce da comunisti.”, “Ha la maglia rossa, è un comunista.”, “Magari prendono pure il reddito di cittadinanza.”, “Andate a lavorare!”, queste le prime reazioni dopo aver spiegato il perché della nostra pacifica protesta, e dopo aver argomentato le nostre idee. Che poi io proprio non riesco a capire: se una persona critica l’operato di un politico di destra, deve essere per forza comunista? E ancora: può una maglietta rosso chiaro di una marca famosa in tutto il mondo essere considerata “comunista”? Tralaciando i primi insulti ricevuti, smontiamo l’ultimo leghista davanti alle telecamere e lui mi liquida con un bel “Vai a prenderti una birra”, tutto molto chiaro. Tra l’altro il modus operandi di queste persone era esattamente lo stesso per tutti. Loro mettevano in gioco bufale e fake news, noi le smontavamo, loro non sapevano più che dire, e infine le cose erano soltanto due: o ci insultavano e se ne andavano, o se ne andavano facendoci gestacci. Il nostro gruppetto intanto si era allargato; arrivano due esponenti dei Verdi di Crotone e altri ragazzi e ragazze a protestare. All’arrivo del Ministro tutti impazziti, cori e urla, tutti a suo favore insomma. Tutti meno che noi. Abbiamo tenuto la protesta dall’inizio fino alla fine, ci siamo fatti sentire, non abbiamo mollato. Matteo si gira verso di noi e ci manda i bacini – molto istituzionale direi – , dopo passa ai selfie. Io cerco di infilarmi tra la gente compattata intorno a lui, e dopo essergli arrivato vicino gli chiedo: “Ministro, Savoini ed Arata sono le vostre questioni giudiziarie ancora irrisolte, è sempre fuggito dall’occasione di poter rispondere, potrebbe ora parlarcene?”. Ovviamente non ha risposto, come diversivo disponeva gli ordini e le regole che dovevano essere seguite per poter fare il famoso selfie con lui. Salvini, chiaramente stravolto dal suo “duro lavoro”, innervosito dalle nostre proteste – senza avere piena coscienza di quello che gli sarebbe poi aspettato a Soverato – , va a farsi un tuffo nelle limpide acque calabresi. Quelle in cui i terroni si immergevano invece di andare a lavorare, come ci ricordava spesso lui anni fa. Quindi, in piena crisi di Governo, dopo una rottura da lui voluta che ci costerà cara in termini economici, il nostro Ministro decide di starsene ammollo ed evitare altri problemi. Stanchi e senza voce, costretti ancora a dover rispondere alle provocazioni dei leghisti anche dopo aver concluso la protesta, torniamo a casa, contenti di aver potuto far valere il nostro diritto di protesta, di poter esaltare i diritti umani e i principi liberaldemocratici. Così noi non abbiamo peccato, abbiamo alzato la voce, perché questo è il bello della democrazia e della libertà.
Ringrazio gli amici che mi hanno accompagnato durante questa manifestazione: Gaetano Cosco, Antonio Angotti e Alex Ieradi”.

Giuseppe Frandina

Giuseppe