Che genere di violenza è la violenza di genere?

Che genere di violenza è la violenza di genere?

Essere donna nel 2016 continua ad essere un peso, una responsabilità in più in una società tuttora fortemente maschilista e ormai anestetizzata alla violenza gratuita. Essere donna comporta troppe leggi non scritte di cui si è moralmente obbligati a tener conto sia 100 anni fa che oggi, sebbene con leggere differenze, con piccoli passi avanti che hanno necessitato secoli di lotte e soprusi per giungere ad una “pseudouguaglianza”. Secondo i dati ISTAT del giugno 2015 le donne tra i 16 e i 60 anni che dichiarano di essere state vittime di violenza, fisica o sessuale, almeno una volta nella vita sono 6 milioni e 788 000, cioè il 32% della popolazione femminile; più di un decimo della popolazione italiana è stata, dunque, vittima di violenza di genere. Una cifra esorbitante che permette di comprendere quanto siamo ancora lontanissimi da una reale parità e da una vittoria sulla violenza di genere. Il 35% delle donne nel mondo ha subito un qualche tipo di violenza, sia dal partner, ma anche da parenti, colleghi di lavoro e amici, più raramente da estranei. Stalking, diffamazione, pugni, schiaffi, stupro, aggressione con acido, assassinio sono termini che troppo spesso fanno la loro comparsa nelle testate giornalistiche, troppo spesso passano in secondo piano, come se fossero quasi atti di ordinaria amministrazione. L’Assemblea Generale Onu parla di violenza contro le donne come di “uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini”, la violenza di genere è ritenuta una violazione dei diritti umani e in quanto tale dovrebbe smuovere gli animi di tutti a denunciare, manifestare, educare alla totale egualità e non ad un’uguaglianza che troppo spesso resta solo sulla carta. ll termine stupro, per la lingua italiana, significa in primo luogo violenza sessuale, ovvero atto sessuale imposto da qualcuno con la forza ad un soggetto non consenziente; ma anche: attentato al pudore, oltraggio, violazione. È l’etimologia di questo vocabolo che può illuminarci su quanto il nostro modo di vedere le cose, sempre da una forte prospettiva maschilista, sia fortemente radicato nella nostra storia e tuttora influenzi il nostro modo di agire e pensare.”Stuprum” è un termine latino che significa disonore. Ma disonore per chi? Per la vittima o per il carnefice? Per chi commette la violenza o per chi la “provoca”? Il disonore è, come ci si può aspettare da una società maschilista come quella dell’antica Roma, della donna che avrebbe provocato a tal punto l’uomo da essere ritenuto opportuno che il proprio corpo diventi un oggetto a disposizione di chiunque abbia la necessità di sfogare i propri istinti animali. E oggi cos’è cambiato? Il 12% delle donne che subiscono violenze non hanno il coraggio di denunciare, non discostandosi così tanto dal comportamento delle donne dell’antica Roma, più di 2000 anni fa, che si sentivano macchiate di un crimine che non erano colpevoli di aver commesso. Il 25 Novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, ricordiamo le donne che sono tutte vittime e non istigatrici di violenza, ricordiamo i Centri Antiviolenza che ogni giorno si occupano di migliaia di casi di violenza di genere domestica e non in tutta Italia. Il 25 Novembre è un’occasione per riflettere sull’essere donna nel 2016, sul fatto che, a differenza di quanto vogliano farci credere essere donna non deve essere un peso, ma è possibile vivere senza dover temere per la propria vita se si decide di chiudere una relazione, avere la libertà di vestirsi nel modo in cui si ritiene più opportuno, senza essere etichettata, senza temere per la propria incolumità se si esce di casa da sole.
Benedetta Persico

Giuseppe Frandina

Giuseppe