Tra green economy e dop dei prodotti agroalimentari

Tra green economy e dop dei prodotti agroalimentari

Una strada doverosa da intraprendere

Ai nostri tempi la Green Economy sembra essere una cosa facile a dirsi e a farsi. Per niente vero ai nostri tempi la Green Economy non è per niente attuata ed attuabile perché il mercato impone ancora canoni da seguire che poco collimano con tale concetto di economia verde, ovvero il mercato, l’economia attuale puntano sempre più alla massimizzazione del profitto, si vogliono sempre più ricavi a sempre minori costi da sostenere; si produce con economie di scala in nome di una globalizzazione che negli ultimi anni è sfociata nella più terribile crisi dal dopoguerra in Italia e dal 1929 in America. Non solo in termini economici ma anche in termini ambientali non è attuabile un tale concetto si pensi alla terra dei fuochi in Campania, alle navi dei veleni in Calabria, tali disastri ambientali poco aiutano soprattutto le terre a essere realmente Green e le persone a respirare aria pulita e a nutrirsi di prodotti genuini. Detto tutto ciò che sembrava doveroso citare si può anche affermare che esistono casi isolati, piccole realtà (non quindi attraverso economie di scala) dove il concetto di economia verde si è attuato e ha dato ottimi risultati in termini sia di valore aggiunto per il prodotto e sia in termini di strategie d’impresa per le aziende. Da queste realtà si deve prendere spunto per poter concretamente realizzare in maniera capillare il principio alla base della Green Economy che consiste nella sostenibilità, replicabilità e rinnovabilità nel rispetto dell’ ambiente di ciò che si produce attraverso strategie d’impresa che mirano a massimizzare non il profitto ma il valore aggiunto del prodotto dove tale valore aggiunto non è solamente legato all’aspetto monetario ma alla genuinità, alle esperienze emozionali che un prodotto riesce a trasferire al consumatore. Serve quindi una forte educazione civica sia delle imprese che dei consumatori per raggiungere uno status sociale paragonabile ad esempio, in Europa, ai paesi Scandinavi. Una volta innescato un tale processo, naturale conseguenza è quella del riconoscimento di un marchio di qualità per tali prodotti (DOP e IGP)attraverso metodi di coltivazioni biologici o biodinamici, attraverso una attenta tracciabilità, attraverso processi atti ad accorciare la filiera e incrementare la Supply Chain che ogni prodotto genera. Cosi si possono avere prodotti genuini che per essere creati non hanno inquinato l’ambiente, godono di caratteristiche organolettiche che differenzino il prodotto sul mercato, facendo si che i consumatori italiani scelgano l’aglio calabrese e non quello cinese.

Giuseppe Frandina

Giuseppe