Tragedia a Steccato di Cutro: La riflessione di una Borrelliana

Tragedia a Steccato di Cutro: La riflessione di una Borrelliana

Pubblichiamo una riflessione di una studentessa del Borrelli sulla tragedia accaduta a Steccato di Cutro domenica scorsa.

“La barca è grande, molto più grande di quanto mi fossi immaginata. 

Siamo in tanti, uomini, donne, bambini, neonati, anziani. Non c’è paura nei nostri occhi, guardano già di là dal mare. 

Il mare, finalmente il mare, per la seconda volta lo vedo così vicino. 

In tutto siamo trecento. Siamo veramente tanti. Ci hanno detto di salire e siamo saliti. 

Dopo quindici ore, finalmente arriva la barca italiana. Tutti insieme cominciamo a sbracciarci, a saltare, a cantare, a gioire, in preda a un’euforia collettiva e incontrollabile. 

Ad un tratto, però, qualcuno dice che non ci porteranno mai in salvo in Italia e allora accade. 

Un uomo della nostra bagnarola all’improvviso si butta a mare. Senza nessun preavviso, senza che nessuno se lo potesse aspettare. 

Subito dopo un altro lo segue. Qualcuno gli grida di non farlo. Poi un altro tuffo, ancora. 

All’improvviso è una donna, adesso, che si butta. 

Guardo il mare. Il mio mare. 

Poi succede. Di nuovo succede. 

Il salto è alto, come dev’essere ogni salto verso la libertà. L’acqua è gelida ed è anche più mossa di quanto sembrava di sopra. Apro gli occhi. C’è tutto un mondo di bollicine sopra di me. Cerco di mettermi dritta e di indirizzarmi verso le funi. Sono le funi la mia meta, il mio traguardo……”. 

Questi alcuni passi del libro “Non dirmi che hai paura” di Giuseppe Catozzella, letto qualche anno fa e che la tragedia accaduta sulle nostre coste il 26 febbraio scorso ha riportato alla memoria, suscitando brividi di terrore al pensiero che tutto si ripete sempre allo stesso modo. In queste poche righe, infatti, si coglie l’odissea di tutti i migranti che fuggono da terre martoriate dalle guerre per arrivare, via mare, in Italia, del “viaggio della speranza”, di chi ha un proprio ideale e, nonostante la miseria, le umiliazioni e i morsi della fame, le bombe, non si ferma davanti a nulla per poterlo raggiungere. 

È la storia dell’integralismo, della guerriglia, della condizione femminile nei paesi arabi, della dignità calpestata, ma anche della speranza e del sogno di una vita migliore per sé e per i propri figli, così vivo e così attuale. 

Quest’ennesima tragedia, però, non può lasciarci indifferenti, ma deve fare riflettere sulla dignità di coloro ai quali tutto è stato tolto nella loro esistenza, ma nel cui animo scoppia così forte la voglia di vivere e di sopravvivere, da decidere di intraprendere comunque il proprio personale Viaggio anche senza avere la certezza di arrivare a vederne la meta, affinché finalmente si assumano decisioni e provvedimenti validi a tutelarli sia nel loro paese ma anche in quelli di accoglienza. Ecco allora che al loro coraggio di affrontare un simile viaggio, che molto spesso non conduce a destinazione, come è avvenuto nei giorni scorsi, deve corrispondere il nostro coraggio nell’accoglierli, senza alcuna paura, affinché non accada che queste morti, questi bimbi che non conosceranno il loro futuro, perdano valore e la dignità di essere umani. 

Francesca Elena Parisi 

Classe I B 

 Liceo Classico “D. Borrelli”  di Santa Severina

Redazione Il Petilino

Redazione Il Petilino